Vaccini anti Covid: profili di sicurezza sovrapponibili

Fin dall’inizio della pandemia tutto il mondo si è ritrovato a considerare e rielaborare nuove strategie comportamentali quali distanziamento fisico, uso della mascherina, lavaggio frequente e disinfezione delle mani. Abbiamo inoltre avuto modo di ripassare dai vecchi libri di scuola il significato del termine vaccino: “un farmaco biologico sviluppato con lo scopo di stimolare il sistema immunitario a produrre anticorpi deputati a combattere un’infezione causata da un determinato microrganismo”.

Attualmente in Italia sono disponibili 3 vaccini contro il COVID-19 sviluppati rispettivamente da Pfizer-BioNTech, Moderna e Oxford/AstraZeneca. Un ulteriore vaccino, prodotto da Johnson&Johnson (J&J), è stato recentemente autorizzato dall’agenzia europea per i medicinali EMA (European Medicines Agency). L’aspetto fondamentale che differenzia i vaccini Pfizer e Moderna dagli altri due vaccini sviluppati da Oxford/AstraZeneca e J&J riguarda la tecnologia di formulazione.

Il vaccino Oxford/AstraZeneca sfrutta una tecnica utilizzata comunemente per la formulazione dei vaccini, ovvero quella del vettore virale: un virus viene svuotato del suo materiale genetico, reso quindi inoffensivo e riempito con del materiale genetico codificante la parte antigenica del patogeno d’interesse. Nel caso di Oxford/AstraZeneca è stato scelto come vettore virale un adenovirus di scimpanzé modificato per veicolare il materiale genetico codificante per la proteina Spike (S) del virus SARS-CoV-2. Questo tipo di formulazione è la più facile da maneggiare in quanto può essere conservata in comuni frigoriferi ad una temperatura tra 2°C e 8°C. Anche l’ultimo vaccino autorizzato, sviluppato da J&J, sfrutta la tecnologia del vettore virale sopra descritta; ciò che lo differenzia dal vaccino Oxford/AstraZeneca è la temperatura di conservazione: la formulazione di J&J, infatti va tenuta a -20°C e rimane stabile tra i 2°C e 8°C per 3 mesi.

Pfizer-BioNTech e Moderna, invece, hanno sviluppato un vaccino ad RNA messaggero (mRNA), codificante per la proteina Spike. L’RNA  o acido ribonucleico è una molecola polimerica, normalmente presente nel nostro organismo, implicata in vari ruoli biologici di tra cui la codifica e l’espressione dei geni; nello specifico l’mRNA è responsabile della codifica e del trasferimento delle informazioni contenute nel DNA verso il sito cellulare adibito alla sintesi delle proteine. Le  due aziende sopracitate utilizzano un approccio molto più complesso e sicuro per veicolare l’mRNA: il vettore di trasporto, in questo caso, è costituito da nanoparticelle lipidiche (dimensioni 300 nm). Le funzioni principali di questo vettore sono: proteggere l’mRNA, grazie al loro carattere lipidico, permettergli più facilmente di raggiungere l’interno della cellula, evitarne la distruzione da parte degli enzimi lisosomiali e svuotare il contenuto nelle vicinanze dei ribosomi. La particolare composizione delle nanoparticelle lipidiche utilizzate da Pfizer e Moderna spiega perché i loro due vaccini debbano essere conservati a temperature molto basse (tra -60°C e -80°C Pfizer e tra -25°C e -15°C Moderna). La differenza di temperatura di conservazione tra il vaccino di Pfizer e quello di Moderna è dovuta probabilmente alla differente composizione dei due vettori; sembrerebbe infatti, che Moderna utilizzi un componente lipidico aggiuntivo che permette di stabilizzare la formulazione anche a -20°C.


SARS-CoV-2 Vaccines available

JAMA. Published online  February 26, 2021. doi:10.1001/jama.2021.3199


La differente tecnologia utilizzata per sviluppare i vaccini 3 vaccini si ripercuote anche sul loro profilo di sicurezza; le nanoparticelle infatti sono potenzialmente molto più sicure rispetto ai vettori virali che, anche se ingegnerizzati ed inattivati, sono pur sempre virus.
Oltre alla diversa tecnologia, i vaccini sopra descritti si differenziano per numero di dosi da somministrare, tempistiche di somministrazione le dosi, profilo di efficacia e appropriatezza d’uso in base all’età.

Tra i 4 vaccini solo quello sviluppato da J&J viene somministrato in una singola dose. Gli altri 3 i vaccini, invece, richiedono una doppia somministrazione per garantire la massima efficacia possibile ma, mentre la seconda dose di Pfizer-BioNTech viene somministrata dopo 21 giorni dalla prima, per gli altri due vaccini è previsto un intervallo di 28 giorni. Per quanto riguarda l’efficacia i due vaccini ad mRNA hanno mostrato un’efficacia maggiore rispetto ai vaccino a vettore virale. I vaccini di Pfizer-BioNTech e Moderna hanno infatti un’efficacia di circa il 95% che sta ad indicare che su 100 persone vaccinate 95 diventano immuni. I vettori virali di Oxford/AstraZeneca e J&J, invece, hanno un’efficacia di circa il 70%. In termini di efficacia c’è da fare una precisazione per quanto riguarda il vaccino J&J: negli studi, infatti, sono stati forniti dati di efficacia diversi in base allo stato in cui la vaccinazione è stata effettuata: 72% in USA, 66% in America Latina e 57% in Sud Africa.  Visti i risultati dei dati di efficacia, tutti questi vaccini sono da considerarsi un ottimo risultato se si pensa che di solito le agenzie regolatorie approvano la commercializzazione di un vaccino con almeno il 60% di efficacia.

L’analisi delle reazioni avverse insorte in seguito alla somministrazione dei vaccini attualmente disponibili ha permesso di delineare un profilo di sicurezza che risulta pressoché sovrapponile per tutte e tre le formulazioni. Nello specifico non sono stati evidenziati casi gravi di reazioni locali o sistemiche e gli eventi avversi più comuni riscontrati sono eventi avversi riconducibili alla somministrazione della maggior parte dei vaccini in commercio: dolore al sito di iniezione, febbre, mal di testa, stanchezza e debolezza muscolare.

La possibilità di poter usufruire di più armi preventive con un ottimo profilo di efficacia e un buon  profilo di sicurezza apre la possibilità di garantire a tutta la popolazione l’immunizzazione e permettere così di raggiungere l’immunità di gregge. Con il termine immunità di gregge si intende quel meccanismo che si instaura all’interno di una comunità per cui se la grande maggioranza degli individui è vaccinata e sviluppa anticorpi, la circolazione di un agente infettivo viene drasticamente limita, andando in questo modo a proteggere anche coloro che non possono sottoporsi a vaccinazione (ad esempio per particolari problemi di salute).

Francesco Cattel

Anticorpi Monoclonali, non per tutti

La pandemia ha determinato un’accelerazione della ricerca e rivoluzionato tutti gli standard vigenti appena un anno fa, dando spazio ad autorizzazioni di emergenza anche in carenza di solide ed inequivocabili prove di efficacia. L’esempio più recente di questa emergenza autorizzativa è stato senz’altro il dibattito scientifico e mediatico sul tema degli anticorpi monoclonali nei pazienti con Covid-19 di gravità lieve o moderata. La discussione sulla validità e appropriatezza di questa classe di farmaci ha infatti  interessato l’ampia comunità scientifica internazionale e tutti i paesi del mondo occidentale. Nelle scorse settimane anche nell’agenzia regolatoria italiana le differenti posizioni si sono confrontate accesamente, e ampio risalto mediatico è stato dato alle diverse posizioni sollevate dalla decisione di introdurre questo farmaco nelle opzioni terapeutiche per i pazienti Covid-19. La fase più acuta del confronto si è ora conclusa, in Italia i primi due anticorpi monoclonali sono stati approvati con un provvedimento ad hoc e, analogamente, l’americana FDA ha stabilito una “emergency authorization”.

Considerando la tempistica inevitabilmente lunga della vaccinazione anti-Covid-19, l’esigenza di disporre di trattamenti specifici resta comunque prioritaria e la ricerca in argomento dovrà proseguire con intensità, sia nello sviluppo e test di nuove molecole (ivi compresi altri monoclonali), sia nella conduzione di trial clinici e raccolta di evidenze nello scenario applicativo.

A prescindere dalle decisioni adottate dagli enti regolatori, la terapia del Covid-19 con anticorpi monoclonali pone problemi nuovi che è opportuno esaminare. Un’autorevole valutazione sull’argomento è stata pubblicata dal JAMA in un editoriale del 21 Gennaio scorso (“Neutralizing Monoclonal Antibody for Mild to Moderate Covid-19”, JAMA 2021;325:644). Anzitutto, gli anticorpi oggetto di questa prima approvazione provvisoria non si sono dimostrati efficaci nei pazienti Covid-19 ospedalizzati. Al contrario, un trial condotto in outpatients con malattia lieve o moderata ha riscontrato una diminuzione della viremia e una ridotta necessità di accedere agli ospedali.

Questi risultati sollevano questioni assistenziali rilevanti, soprattutto perché la somministrazione di questi anticorpi va eseguita in ambito ospedaliero richiedendo la definizione di percorsi, spazi e personale dedicato. Altro elemento di criticità è dato dalla definizione della popolazione target, stante l’ampia platea di soggetti potenzialmente interessati perché portatori di uno o più dei fattori di rischio che identificano l’indicazione terapeutica per questi anticorpi (età, obesità, diabete, insufficienza renale, immunodepressione).

Terminato il tempo della polemica e della discussione, per una reale e sostenibile applicazione di questo strumento terapeutico, l’attenzione degli scienziati e degli operatori dovrà ora essere posta sulla definizione dei percorsi di accesso (quali pazienti, in quale fase della malattia), di terapia (sedi ospedaliere, minimizzazione del rischio e carico sui già gravati ospedali), e di monitoraggio degli esiti (riduzione dei ricoveri, durata della malattia, eventi maggiori).

Andrea Messori, Giandomenico Nollo

Ce lo chiede Sun Tzu, dobbiamo essere preparati

Se quella che stiamo vivendo è una sorta di guerra mondiale tra noi poveri e dispersi esseri umani e un esercito di piccoli virus capaci di penetrare le nostre difese, di restare in aria sospesi fino a colpirci appena abbassiamo la mascherina, di cambiare e mutare forma per esser sempre più letali, allora forse dovremmo chiedere ai generali come combattere e vincere. Assumendo per vero che questo esercito si sia formato ed addestrato in Cina, forse dovremmo chiedere ad un generale Cinese come lo si debba combatte. SunTzu, filosofo, Generale e stratega Militare vissuto nel 600 AC, che sembra vanti una lunga esperienza nell’arte della guerra, potrebbe infatti aiutarci con alcune delle sue affermazioni per cui è rimasto famoso ed ancora oggi ascoltato. Tra queste mi soffermerei su due:

  • “Soltanto coloro che calcolano molto vinceranno; coloro che calcolano poco non vinceranno e tanto meno vinceranno coloro che non calcolano affatto”,
  • “Non bisogna organizzare i propri piani in base a ciò che il nemico potrebbe fare, ma alla propria preparazione.”

In entrambe si evidenzia la necessità di essere preparati, di prevedere e guardare avanti, e di farlo in anticipo, molto più avanti di ciò che l’angusta visione sotto il fuoco nemico consentirà. Purtroppo non sembra che nella lotta al Sars-Cov-2 si stia operando in questi termini, il calcolo, la previsione la definizione in anticipo di mosse e problemi ha lasciato troppo spesso spazio alle decisioni estemporanee, alla tattica, alla necessità di dare risposte all’opinione pubblica, al tessuto economico, alle strategie politiche. Così abbiamo comprato i banchi a rotelle con la stessa facilità e fragilità di calcolo, con cui andremo a comprare gli anticorpi monoclonali e stiamo affrontando una campagna vaccinale con una strategia del giorno per giorno.

Secondo un bel esercizio dell’Associazione onData nell’ambito della campagna #datiBeneComune con gli attuali ritmi il termine prevedibile della campagna vaccinale in Italia contro Sars-CoV-2 sarà Lunedì 9 Dicembre 2024. Questa previsione deriva dal proiettare la media di somministrazioni giornaliere eseguite negli ultimi sette giorni (57.798) al fabbisogno nazionale. Così a numeri invariati possiamo dire che mancano 3 anni, 9 mesi e 0 giorni prima di raggiungere l’obiettivo. Per farlo entro settembre 2021, come prudenzialmente vorremmo, bisognerebbe somministrare una media di 355.463 dosi al giorno. Per raggiungere il prossimo obiettivo di vaccinare 6.370.000 persone (operatori sanitari, personale e ospiti delle RSA, anziani con più di 80 anni) entro Marzo 2021, il ritmo attuale dovrebbe aumentare del 74,2%.

Per fare questo dobbiamo certamente disporre di una più consistente fornitura di vaccini, ma questo da solo non basta, dovremmo anche essere preparati ad inocularli, passando dalle scarse 60’000 dosi giornaliere a 360’000. Moltiplicare per sei l’attuale capacità di vaccinazione, garantendo omogeneità ed equità di accesso non è tema da improvvisare, richiede una macchina organizzativa preparata ad azioni di massa, che a partire dalla convocazione dei cittadini, alla anamnesi, alla inoculazioni, al controllo delle reazioni avverse operi con processi industriali in cui tutte le fasi sono programmate in anticipo utilizzando gli stessi modelli previsionali che sono oggi propri dell’industria 4.0.

Dobbiamo abbandonare il refrain “abbiamo sempre fatto così”, o peggio aspettarsi l’intervento dell’Esercito per trasformare un’operazione fattibile e pianificabile in una ennesima emergenza, ce lo suggerisce Su Tzu: “I guerrieri vittoriosi prima vincono e poi vanno in guerra, mentre i guerrieri sconfitti prima vanno in guerra e poi cercano di vincere.”

Giandomenico Nollo

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